giovedì 14 dicembre 2006

Le Parole

Si corresse, non era esatto. Non era forse quel modo estatico di fissare gli oggetti, il frutto dello sciabordare dei suoi sensi muti nel suo corpo? non era forse che il divenire parte di quell'insieme meraviglioso, lo rendeva talmente estraneo al fatto di essere vivo, che si avvicinava sempre più all'entità suprema, che molti chiamano Dio, ma lui chiamava "totalità benefica"? Non era forse quel suono triste e confuso di fruscii intangibili, che lo faceva sussultare, preda nella rete di quei segni stilografati in nero? Sfogliando, infine, l'ultima pagina, si accorse che la sua vita finiva con quel libro, con quell'ultima armoniosa celestiale parola, che, colta infine, spiegava quel era il significato di tutto, la fine del libro, la conclusione del giallo, il lieto fine, il suicidio nella tragedia, il sacrificio del dramma, il battere del diaframma, il cogliere di sensazioni poetiche come fossero melodie sbocciate in prati non ancora calpestati, come se il suono di quelle poesie potesse allargare il concetto delle sette note, come se la rima trovasse nuove fughe, come se finalmente le parole potessero librarsi senza un senso comune a legarle. Comprendere cosa ci voglia dire il mondo, lasciate che siano le parole a spiegarcelo, a noi spetta solo di capirlo, arduo assai, non trovate?
astrusamente vostro franz1789

2 commenti:

  1. ma perchè alla fine?

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  2. a me piace molto piu' quello che scrivi tu che quella merda di canzoni con cui ti consumi in copia e incolla

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