sabato 30 dicembre 2006

Egregie Banalità

Chi si rammenta del qualunquismo forzato? Della beneficenza controvoglia? Della fatica di passare da una macchina da scrivere a un computer? Della bellezza dei vinili? Dell'inutilità delle feste comandate? Della tristezza di fondo della musica, perché la vera musica può esprimere solo tristezza, la tristezza e lo sconforto di non essere come si vuole, perché a musica in realtà è come vorremmo essere. Chi si ricorda dei visi che ci circondavano quando eravamo bambini? E dei nostri obliati trastulli (leggi giocattoli infantili)? E delle urla di un concerto, il nostro primo concerto? E chi ha dimenticato la prima volta che ci siamo messi la matità sugli occhi, che abbiamo creduto di essere alternativi?



Chi sopporta la durezza, la pragmaticità del terreno a cui siamo giunti? Chi sopporta il dover guardare ancora più in basso? Perché dobbiamo sempre aspettarci il peggio? Chi non ha voglia di abbandonare il corpo per trovare la nostra isola? Isolati siamo noi. Nudi e crudi di fronte alla realtà.


Egregie Banalità, mi riconduco a voi, infine.


Maelifell

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