giovedì 10 aprile 2008

De Rerum Vere

Sono le sette di un qualsiasi giorno di primavera
basti sapere che il sole è sopra l'orizzonte
offuscato da una nebbiolina color piombo
che tinge il cielo di un asettico indaco
nascondendo il sole e il suo pallido rosseggiare.
Non importa quale giorno.
Due sigarette consumate di fila,
con una fatalità tumultuosa nell'accenderle
con un tenue chiarore dell'accendino che inonda il viso.
Non importa quale giorno.
Nella testa sorta di scomodo girare di vinili
persone che andrebbero chiamate
cose che andrebbero fatte
un tedio che andrebbe attenuato o sostenuto
con un risveglio di primavera
che risente della fredda passività invernale.
Non ha fatto un cazzo tutto l'anno,
e ora cerca sollievo nel pensare
a come gli era facile capire le cose una volta.
"Qual è il tuo numero preferito?"
non avrebbe saputo dirlo
gli zeri e gli uno
l'alpha
che vuol dire l'inizio
che vuol dire incognita parametrica
trascurabile distanza tra il non sapere
e il saper iniziare
tra il grado e il modulo
tra l'indefinitezza
e la nitidezza dell'alphabeto
la beta
il secondo esatto
che già nella forma assume la duplicità dell'alto
e del basso
una doppia indefinitezza
la dualità dell'infinito
che nella forma sottolinea come in realtà
non abbia importanza da dove si parte
ma si arriva sempre alla dicotomia dell'esistere
al pensare di poter racchiudere il tutto
e al pensare di poter liberare il nulla.
Non importa quale giorno.
Ne aveva persi tanti di giorni
che uno in più cambiava così tanto
da definire la differenza tra
esistenza e inesistenza
"un non so che attaccato all'anima".
Non importa quale giorno.
Sono le sette e ventotto di un giorno qualunque di primavera.
Il crepuscolo si tinge di grigio
le ombre in cielo di un azzurro asfittico.
Sono le sette e ventinove di un giorno qualunque di primavera
non importa quale giorno
solo un numero
prende il silenzio anche il soffocante calore
di UN giorno di primavera
primo vere
Sono le sette e trenta di un qualsiasi giorno di primavera
e non importa quale giorno