venerdì 25 ottobre 2013

Sarà che a quindici anni già non me ne fregava un cazzo.
Sarà che a quindici anni già non me ne fregava un cazzo che ora mi sfianco nel pensare "cristo, anche stamattina è arrivata". Sarà per questo che mi passa tutto sulla pelle, o sarà che da quando avevo 4 anni mi è sempre sembrato più facile fare quello che mi veniva detto. Sarà per questo motivo che quando sorrido i muscoli delle labbra mi si tendono, si seccano, i denti stridono, o sarà che non me n'è mai importato nulla per davvero. Sarà che a quindici anni avevo già capito che la gente non mi piaceva, che non sarei mai piaciuto a loro, sarà che "sei strano" me l'hanno detto davvero in tanti, e quando sono così tanti ti chiedi se il freddo che c'è dentro, e l'indifferenza, e quel tocco di superbia che mi fa sentire stronzo persino con me stesso traspare all'esterno così vivacemente, come se fossi fatto di vetro. Sarà che i miei sogni si sono tutti avverati, quando a quindici anni cantavo Sludge Factory pensavo di rimanere fino a ripagare, o sarà che sono rimasto troppo.
Ci sono tante persone qui dentro me, alcune abbozzate come due occhi e una bocca che hai visto in sogno anni fa e ti sembra di riconoscere in ogni individuo che prenota la tua stessa fermata nel bus. Altri sono incisi così a fondo, che se facessi scivolare una goccia d'acqua nei loro contorni dipingerebbe i loro volti prima di cadere a terra. Ci sono attimi, istanti, secondi interminabili che rimbombano in testa come se da un momento all'altro dovessero succedere di nuovo, che mi fanno fermare per strada, nel nulla, a dover chiudere gli occhi tanto sono forti, a coprire la musica con il loro frastuono, che arrivano come lampi in un punto ideale che congiunge la radice del naso alle palpebre serrate. E ci sono mesi, anni, del quale non rimane alcuna traccia se non qualche tenue ricordo. Vorrei vivere nei primi, e morire negli altri.
Ma la verità è che non ci è concesso scegliere dalla nostra vita più di quanto non ci sia concesso dimenticare. E se vi trovaste di fronte il vostro io di quindici anni? Ne avreste il terrore? Non provereste pietà per quella creatura? E non la proverebbe egli per voi? Probabilmente non mi riconoscerei per strada, mi imbatterei solo in un altro ragazzino brufoloso, dall'odore inconfondibilmente adolescenziale, un misto di deodorante, sudore, e sigarette fumate di nascosto, quelle che hanno il sapore più buono, un gusto che ti rimane sulle dita, le tinge come avessi preso il miele dal barattolo con un dito. E lui mi squadrerebbe come un vecchio forse, che si avvia verso una vita adulta noioso e no, lui non farà mai questa scelta, lui sogna il grunge e Seattle, lui ha una chitarra in spalla, mentre si nasconde dietro la banca a fumare. Posso anche descriverlo. Ha un paio di anfibi neri, pesanti, dalla punta in metallo che sporge comicamente, e si chiede guardandoseli perché quell'effetto buffo lo facciano solo i suoi, comprati alti e con tanti lacci, e portati miseramente nascosti sotto un paio di jeans, sdruciti e strappati alle ginocchia e ai piedi. E' evidente che gli strappi sulle ginocchia sono "autoinflitti", ma quelli sotto i piedi sono dovuti al calpestio continuo degli orli, fino a farne una filigrana penzolante come i bordi di un tappeto, ricettacolo polvere e cenere di sigaretta. Sopra, un felpone con cappuccio da cui traspare in profondità una t-shirt sottostante, un bracciale borchiato molto politicamente corretto al polso. Capelli lunghi, alle spalle, sporchi anche quando sono lavati. Cristo, alle superiori ero un merda. O non ero io. Ti chiamerò Victor, mi è più facile mentre ti guardo correre a prendere il bus per andare alle prove di un gruppo che si scioglierà poco dopo.
Eccolo Victor. Victor è convinto che scopare, fumare erba e fare un disco sono le cose necessarie a sufficienti a chiudere la propria esistenza, e programma il suo suicidio con tanto di lista della spesa









giovedì 3 ottobre 2013

Fade out again


Delle volte vedo attorno alla nostra testa corone luminose che cingono i nostri pensieri. Corone dalle spine acuminate che si spingono dorate come cristalli citrini nel fondo della pineale. Ci agitiamo come steli d'erba intorno alle nostre corone, divine sante creature, nostri piedi contornano l'asse, come agitati da un vento di velcro e lana vetrata. Ecco di fronte a noi la congrega, dinnanzi a noi si erge la creazione.



domenica 11 agosto 2013

Estasi
le tue vesti rimangono ancorate sulle mie dita come alghe
Il tuo dondolare
il tuo confondere il vetro con il

mercoledì 17 luglio 2013

II

Victor ha perso le facoltà verbali per tre giorni quando aveva 8 anni, o così racconta. Mi disse che si svegliò una notte, era completamente al buio, attorno solo il nero, e tre luci danzavano davanti ai suoi occhi appena visibili, dalle coperte tirate fin sul naso, come due piccole monete luccicanti cadute sul marciapiede. Si svegliò nel cuore della notte, e attese. Quelle tre piccole animelle danzavano avanti e indietro a un metro dal suo naso, come scintille che salgono dalla sigaretta accesa nel vento d'estate. Attese. Inutile dire al piccolo che probabilmente si trattava di riflessi dalle luci per strada, non vi avrebbe mai creduto, e con gli occhi affannati di chi cerca una verità non del tutto inesistente, vi avrebbe squadrati, indagati, gettati nella scatola chiusa dell'inattenzione come un bimbo che perde interesse per il suo giocattolo. Io posso immaginarlo quel bambino, non doveva essere diverso dal mio io di allora: basso, magrolino, un fantasmino a sua volta, dagli occhi spalancati come a voler studiare ogni cosa, loquace e verboso come chi sa di essere già avanti per l'anagrafe. Quegli spiritelli urbani si inflissero nel suo ego, e trovandogli la scusa per cucirsi la bocca, gli regalarono un avvenire furioso e impetuoso, ma solo nel suo sub-inconscio. Quando più di due lustri dopo gli spiegai che anche a me capitò, e che non gli diedi il peso che lui volle riconoscer, e concedere, loro, mi disse che nasciamo tutti con un peso dell'anima maggiore di quello dei nostri occhi, sta a noi fare in modo che il rapporto non si inverta contro-natura.
Deliquio.

domenica 9 giugno 2013

La prima volta

La prima volta
ho visto
il nulla
che si travestiva di bianco

La seconda volta
ha bussato
alla mia porta
con le dita insanguinate
le nocche scorticate
le unghie nere

La terza volta
ho rabbrividito
nel vedere
il telefono squillare

L'ultima volta
è entrato
nella stanza
vestito di nero
brandendo
il coltello
sussurrava

"La prima volta
ho corso
inseguito
da cani affamati"
..
"La seconda volta
ho saltato
filo spinato
squarciandomi in due"
..
"La terza volta
ho strisciato
con mani e piedi
lontano da qui"
..
"L'ultima volta
sono rimasto a terra
vuoto come tronco
le braccia come rami
diretti verso la fine"


martedì 9 aprile 2013

Ha lacrime blu sporco
e sangue rosso 

giovedì 4 aprile 2013

victor ha un demone tra le dita, si incide simboli caotisti sulle mani con le unghie, ha un tatuaggio, sensucht campeggia sul suo polso. mentre gli parlo non guarda mai negli occhi, victor è immortale.



lunedì 1 aprile 2013

Victor abbassa lo sguardo, si avvede della sigaretta che rotola ai suoi piedi. La raccoglie, mentre mi osserva passa la fiamma di un cerino sotto il filtro, agitandolo un po' e facendo scivolare tra le dita il filtro, poi la prende, la infila tra le labbra ancora calda. Mi squadra, mi dice che sono bravo a sfuggire, ma che faccio apposta a farmi prendere, in un modo o nell'altro. Non posso negarlo, gli rispondo. Victor mi somiglia. Mi racconta di quando giocava a nascondino attorno alla sua scuola, dei corridoi allagati, dei posti in cui non batteva mai il sole. Mi passa la sigaretta mentre fissiamo la gente passare. Che ora di merda.