le voci non sono nella mia testa
non sono le luci allucinosi
non mi aspetto di sopravvivere minuto dopo minuto
le voci nella mia testa non sono voci
G programma l'elettroshock per la mia postura abituale, si gratta il naso e mi guarda tremare. Dai suoi occhi non traspare benevolenza per chi è rimasto, ma forse ha l'ovvio buongusto di tacere delle insidie altrui.
C'è fumo nella stanza, le tapparelle sono abbassate ma i raggi filtrano ugualmente. Ho un camice da sala operatoria, G veste di nero, la maschera del medico della peste emana vapori freddi di fiori secchi. Tremo sotto la scossa, ma G incide con un dito la mia fronte, che diventa burro, infila un dito fino in fondo e mi guarda con occhi imperturbabili mentre grido senza dolore. Gira un po' nella mia testa, il dito ne esce indenne e pulito. Mi sento soffocare, apre la finestra. Il tempo cambia, ora la pioggia è fredda ed entra dai buchi delle serrande, mi arriva sulle mani che toccano per terra. Ma G si è già stancato di questo gioco, chiude gli occhi.
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